sabato 25 ottobre 2014

INTERNATIONAL SKYRACE CARNIA A PALUZZA - IL RACCONTO DEL NOSTRO GIULIO COMAR

Arriviamo la sera prima a Paluzza, ci sono dei camper parcheggiati vicino il fiume in uno spiazzo di ghiaia.
Troviamo un posto e ci fermiamo, diluvia ma per domani le previsioni sono migliori. Si cena e metto tutti a nanna poi preparo la roba per la mattina dopo: prendo in mano le cose tre volte per poi rimetterle dov’erano fin dal principio, meglio lasciar perdere ed andare a nanna.
A mezzanotte arrivano altre macchine, qualcuno dorme in furgone altri hanno la tenda sul portapacchi. Bello ma fino ad oltre mezzanotte non c’è pace.
Alle 2 mi svegliano degli urli...deve essere finita la partita, mannaggia a loro. Domani prima delle 7 devo essere in piedi.
La sveglia me la da alle 6 un tizio con un furgone carico di bibite, dobbiamo spostarci perchè siamo esattamente sulla piazzola di atterraggio dell’elicottero. Alè! metto in moto e mi sposto più all’interno fuori mano per fare in modo che il resto del popolo possa dormire.
Ma io che faccio? ho un sonno da matti ma non c’è verso di rimettermi giu. Vabbuò;  me ne sto buono sul divanetto per un pò, alle 6:45 inizio a mangiare qualcosa, poi caffè, prendo la roba ed alle 7.20 esco.
Non ci credo! è già pieno di gente! manca più di un’ora alla partenza e già fanno riscaldamento!!! Come se non bastase non rimangono sulla strada in falso piano ma attaccano anche la salita! Meglio non guardare.
Vado alla partenza e mi metto in fila per ritirare il pettorale. Osservo... stica che atletoni, tutti vestiti come guerrieri con fisici tirati come violini...
Appiccico il mio bel numero 60 sulla canottiera Fincantieri, infilo il chip sotto le calze e sono pronto, sono un guerriero anch’io! 
Banana poi acqua e sali e parto di corsetta per riscaldarmi...disastro: la giacca a vento nel marsupio dietro ballonzola mentre i sali e le barrette davanti, mi sbattono sulla panza.
Ma come fanno gli altri? Qualcuno furbamente ha la maglietta da ciclista con la tasca sul retro, altri tengono la giacca in mano, qualcuno la lega intorno alla vita.
La tolgo dal marsupio e la arrotolo in vita, poi tolgo una confezione di sali e me la bevo...anzi ci provo ma siccome non so che sono liquidi, e non in gel, finisce che me li verso addosso. Poco male meglio adesso che in gara.
Sono pronto, mancano 20', faccio avanti e indietro sul rettilineo di partenza, chiedo ad un  tizio con la maglia della Val Montanaia se si vede da dove passeremo dopo. Mi indica un crinale verde verso nord oltre il bosco, poi si scende oltre e si sale un pochino dopo c’è il passo etc etc.
Manca 10'. 
Ancora un giro fino al bosco, tanto per capire dove inizia la mulattiera poi indietro. Stretching nervoso e mi posiziono. Non davanti ma neanche indietro per non imbottigliarsi troppo all’inizio nel mucchio com'è successo a Telethon.
Smette la musica e parte lo speaker, chiede un urlo di incitamento...i primi lo scambiano per il  via e tagliano il nastro di slancio, FERMIIIII, cominciamo bene!
30" al via,
Che figo! Brividi freddi.
Partiti.
Tutti sul velluto, per davvero, finchè non finisce il tappeto ed è già
ora di bestemmie. Nel mucchio non si vedono in tempo i sassi e le buche, un po tutti inciampano e caracollano. Siamo sulla mulattiera ed è un bel andare, strada larga ed erbosa, pendenza minima, oro! Corro beato ma dura poco, primo tornante, secondo tornante ma poi saliscendi morbido. Tutto bene, anzi no. Non siamo neanche al terzo Km e la strada si ferma sul bordo del bosco. Sentiero stretto su morbidi aghi di pino nel fresco del bosco, favoloso, se non fosse per la pendenza. Non si corre più, si cammina a testa bassa, a volte serve attaccarsi ad un albero perchè il piede può scivolare. Durissima, forse quelli con i bastoncini hanno vita più facile? Qualcuno mi passa, poi rimango il capofila di un gruppetto, forse sono il tappo? No! nessuno vuol passare, silenzio e spingere. Sento male alle chiappe ed alla schiena, sono muscoli che in pianura non si usano e mi fa un po’ paura che così presto già si lamentino. Sbaglio sentiero un paio di volte nonostance ci siano cartelli ogni 10m, sono confuso dalla fatica, lo sguardo fisso sulla punta delle scarpe. Tutto sommato procedo decentemente, mi chiedo quando smetterà  di salire sto sentiero.
Finalmente si esce dal bosco, cielo azzurro che da sollievo ma la salita non molla. C’è una collinetta ed oltre un avvallamento, vedo il primo ristoro di Casera Collina Grande! Evvai, in discesa finalmente corro, poi ristoro, un sorso e via di slancio. Troppo di slancio! Il cuore a mille e mi gira fin un po’ la testa. Non me ne rendo conto ma la salita nel bosco non è stata uno scherzo. Rallento un filino e corro sulla mulattiera alla minima velocità possibile. Confronto al sentiero pare piatta ma so bene che non e possibile.
Tutto questo e siamo appena al 4° Km.
Alla curva si lascia la strada ed è di nuovo sentiero, si corre a tratti, dove c’è spazio a sufficenza ma poi, sorpresa, ecco la neve. Una lingua bianca scende dal crinale a sinistra ed il sentiero la attraversa. Si scivola ed affonda, mica facile, si rallenta ancora, guardo in alto e vedo Casera Plotta con il secondo ristoro. Bene allora non sono fermo!
Il tempo e bello ma coperto, fa freschino, prendo un thè e mi rimetto di corsetta. Si attraversa verso sinistra e tira un vento gelido. Tiro fuori la giacca e me la infilo cercando di non ribaltarmi. Chiudo la cerniera e prendo una barretta dal marsupio...che succede, non riesco a scartarla, continuo imperterrito e dopo un bel po c'è la faccio. Mastico. Neve, acqua di disgelo nelle scarpe, non c’è più il sentiero. Si sale dritti puntando la cima, mi aiuto con le mani aggrappandopi alle eriche. Mazza che freddo, ma sono matti!!!!!
In cima al crinale altro ristoro, la vista si spalanca su due valli e creste
rocciose,  spettacolo! Ma non sto bene, ho freddo e non sono lucido. Penso di farmi una barretta dal ristoro ma devo rinunciare. Ho le mani gelate e devo tenerle sotto le ascelle. Gambe fredde, vedo i mie passi lentissimi e faticosi. Cartello degli 8 km, mi dispero, sono sfinito. Dietro di me qualcuno urla “MAJ MOLA’!”, uno risponde “no moli mai, nancje cui cramps!”. Vorrei almeno pensarlo ma non ci credo, non posso pensare che c’è ancora due terzi di gara ed io mi sento così svuotato come poche volte prima in vita mia.
Salgo lentissimo ma quelli davanti sono sempre là e da dietro non arriva nessuno, allora non va così male. LA CIMA del monte Floriz adesso si scende. Ma come faccio? Gambe dure, faticano a piegarsi, c’é un traccia larga due spanne fra gli strapiombi con dei salti fra le pietre. Avanti piano. Si allarga un po’, si corricchia  ma è un patimento, ogni metro di corsa c’è un metro di frenata e fa male! Ora si risale a balzi, non c’è pace. Finalmente la discesa che porta al Marinelli, la riconosco, ci sono già stato. Sali ed acqua. Il sentiero scorre. In termini normali sarebbe un sentierino impestato ma rispetto a quello che abbiamo fatto fin’ora è un’autostrada. Sorpasso un paio di corridori poi si entra nel prato, ancora neve. Mi fermo, si scivola da matti. Da dietro arrivano quelli che ho appena passato e mi sfrecciano accanto urlando “punta i talloni, come sul ghiaione”, mi fido e vado a gambe tese: funziona!
Si attraversa un costone poi si sale un pochino, hanno messo delle corde, il sentiero è esposto e franoso. Ecco la famosa scaletta, l’ho sentita nominare alla partenza dallo speaker.
Spettacolo! Si attraversa in verticale una specie di grotta. Mani sugli appigli della ferrata, passo cauto. C’è un blocco di ghiaccio lasciato dallo scioglimento del nevaio, bellissimo.
Si prosegue al sole, tengo la giacca e mi godo il tepore. Si scende a balzi fino ad entrare nel bosco poi ci vuole cautela, foglie fradice sul fondo di pietra, scivolo ogni due passi. Non so se è la stanchezza  oppure le scarpe non adatte.
I km finalmente scorrono 14 poi 15  e siamo a passo Monte Croce. Chiedo info sul tempo in cima alla prossima salita, dicono tutto ok. Vedo il fotografo in fondo al parchegggio e mi lancio a passo da gazzella verso il versante opposto. Salita, si cammina. Siamo in due, sempre più piano,  un sentiero infinito, rocce da scavalcare. Non so che fare, ma penso che almeno non mi sono ancora rotto nulla. Sempre più piano, sempre più in su. Con il mio compagno di salità superiamo altri due concorrenti. Ma quanto sono alte ste montagne in Carnia!
Cerco di capire quanto manca, ma davanti non si apre niente; chiedo al mio compagno e mi snocciola una serie di salite che  non capisco. Ricordo solo che menziona una scaletta: “se arrivi troppo stanco ti blocchi con i crampi”. Ogni passo è una conquista, mi meraviglio di essere ancora in movimento, ma da quanto è che spingo su ste ginocchia?
Il sentiero vira in piano, spero di poter correre almeno per allungare le gambe ma niente da fare. Rocce e salti ovunque. Vedo una baracca, poi dei fili, il sentiero stringe e gira dietro una parete: la scaletta. Un mostro verticale di legno, almeno tre rampe. Sono appannato, devo aggrapparmi al passamano. Sento le gambe indurirsi e dopo ogni scalino il muscolo non si rilassa, ecco i crampi.  Mi piego in due e salgo a quattro zampe, mani e piedi, mi faccio pena. Sono fuori, senza crampi, un miracolo.
Ristoro in mezzo alle trincee sul Pal Piccolo. Mi dicono che non è ancora finita, si scende ma poi ancora un po’ di salità. Non penso nulla, non so come sono arrivato qui, ma comincio a pensare che potrei anche arrivare in fondo.
Mi trascino fra le trincee, ogni balzo verso il basso è una bastonata. Altro ristoro, un po’ di prato, provo a correre ma devo subito rallentare, le gambe malferme, rischio di inciampare ogni due passi. Ancora rocce, mi aiuto con le mani per scendere, piegato fino a terra mi aggrappo ai massi per non pesare ancora sulle gambe. Scivolo, sbatto un braccio. Scivolo di nuovo, nocche sbucciate. Ancora giù,  quasi mi  stendo.  
Siamo in un pascolo, in fondo il ristoro, urla di incitamento. Loro sono bravi ad applaudire, ma il sentiero sale ed io cammino con il cuore in gola. Guardo l’orologio, 21km, allora posso farcela!? Penso che magari all’arrivo i miei piccoli mi aspettano e potremmo passare il traguardo assieme. Mi viene da piangere.
Dopo il ristoro è tutta discesa. Forse manca poco, sono elettrizzato. Adesso mollo le gambe in discesa ed arrivo in un baleno, largooooo.....
Mi butto in discesa nel prato, è molto pendente...non sembrava così a vederlo dall’alto, pianto le gambe per frenare e sento i crampi che arrivano...NOOOO
Piano, rallento, per fortuna sono sulla mulattiera, corricchio e dopo poco i muscoli si sciolgono. Ma com’è possibile che non ho ancora superato il limite e riesco a recuperare?
Devo andare al rallentatore, ogni passo scivolo od inciampo. Sono rigido come un bastone. Arrivano da dietro e mi passano. Provo ad agganciarmi ai gruppetti ma devo lasciarli andare, rischio di ammazzarmi. Manca poco
all’arrivo ma è tutta discesa forte. Cerco di continuare a correre, se cammino non arrivo più. Ad un certo punto mi accorgo che faccio versi animaleschi ad ogni piè sospinto;  grugnisco e guaisco. Ho una postura da colpo della straga. Chissenefrega, se non mi sparano passo il traguardo, da non credere, arrivo in fondo, io!! Anch’io al traguardo.
Ultima rampa, attraverso la strada, ahiiiiiii ancora giù fino al laghetto, ancora dolore. Rettilineo, traguardo.  Ah come si corre bene. Ecco Lorenzo ed Amèlie. E’ fatta...4h 53’.
Sono troppo stravolto, non me ne rendo conto. Non sono felice, neanche sollevato semplicemente sorpreso di essere tutto intero, di riuscire ancora a correre, di non essermi fatto male. Sembra tutto così lontano.
Michela è convinta che abbia fatto il tracciato corto, quando scopre che ho fatto l’anello intero strabuzza gli occhi: “Ma tu sei fuori!”
Il giorno dopo, ma solo a sera, inizio a sorridere. Che impresa!
Un solo rammarico, averla fatta da solo.
Martedì, faccio le  scale di traverso.
Mercoledì,  ancora problemi in discesa.
Giovedì, primo giorno senza  troppa difficoltà a scendere.
Venerdì, forse potrei tentare una corsetta?
Sabato 10km di sabbia, che dura.
Domenica altri 10km sabbia ed asfalto. Non ho ancora recuperato totalmente.

Giulio Comar