giovedì 24 settembre 2015

INTERNATIONAL SKYRACE CARNIA A PALUZZA 2015 - IL RACCONTO DEL NOSTRO GIULIO COMAR

‘E’ l’ora. Sono pronto. Mi sono preparato, ed ora si tratta solo di fare quello per cui mi sono allenato fino a ieri. Andrà tutto bene e sarà un vero piacere.
Questo speravo di pensare sulla linea di partenza, invece com’era probabile, sono assalito da dubbi e pensieri. Di allenamento meglio non parlare...a parte aver fatto un paio di volte il San Michele ed innumerevoli ripetute su e giu per il Sacrario le salite vere sono un vago ricordo..
Sono però cosciente di quello che ho davanti, lo scorso anno era un mostro misconosciuto, oggi ne conosco i tratti ed ho preso qualche precauzione. Chiamano alla partenza ed il gruppo cresce dietro al nastro. Il registro degli iscritti parla di record e di consistente aumento rispetto la precedente edizione; in realtà le previsioni meteo apocalittiche hanno convinto molti a desistere sicchè la massa è contenuta.
Riscaldamento fatto, un minimo, avanti ed indietro fino al guado un paio di volte, più che altro per vedere che faccia ha il Floriz lassu dopo i prati. Si presenta bene, cielo azzurro a contrasto con un bel verde, qualche buffetto bianco intorno alla cima, un po’ di nebbiolina.
1 minuto al via.
Chiudo gli occhi. Sono momenti preziosi, da assaporare goccia a goccia. Mi gonfio il petto per
prendere dentro un po’ di montagna. Un gran sorriso interiore mi avvolge, bellezza pura, piacere intenso, tutto il succo concentrato della corsa in natura. Conto alla rovescia.
Tengo ancora gli occhi chiusi, nulla deve andar sprecato….mentalmente percorro il bosco, poi il prato, ora in cima fra le rocce…...5..4..3..
Apro gli occhi e mi guardo attorno, a mio agio in questo gruppo di sconosciuti. Partiti. Buona strada a tutti.
Un anno fa, stesso posto stessa ora, pensavo ad Andrea Mio che già  non correva più. Quest’anno stesso pensiero ma più sereno.
Sono al centro dello schieramento, mi sposto di lato per evitare il traffico. Guardo lontano per vedere i primi. Cerco Pivk, lungo lungo e tutto vestito di blu, l’ho incrociato mentre mettevo il pettorale. Con quella sua andatura dinoccolata  pare cammini a stento e non si direbbe  possa volare in salita come in discesa.
La mulattiera ci accompagna dolcemente verso il bosco, fa caldissimo e vedo qualcuno lanciare l’impermeabile in mezzo alle frasche. Io mi tengo ben stretto il mio fardello, il ricordo del  freddo lancinante in cima al Floriz  l’ho ancora ben presente a distanza di un anno. Giacca a vento, maglia termica e guanti non sono in discussione.
La strada sbatte sul limitare del bosco, un frontale! Riparte un ripido un sentiero fra gli alberi. Allungo i bastoncini e comincio a vogare. Neanche nel sottobosco il caldo si stempera, sono fradicio ma ottimista. I bastoncini aiutano a non sprecare energia, non scivolo ed ho una bella postura a testa alta la dove 12 mesi fa arrancavo con il naso per terra senza vedere oltre la punta delle scarpe. Mi concedo il lusso di osservare in giro, spingo lo sguardo oltre in salita per scoprire dove posso correre e dove invece devo tenere il passo. Ecco un altro momento magico dove tutto sembra essere li apposta per farti godere: la fatica, il caldo, lo sforzo...tutto è piacevole.
Ma come...mi sorprendo ad essere già fuori dal bosco. Casera Collina Grande. primo ristoro, un sorso e via.
Niente neve, la stagione quest’anno è più avanzata e le lingue bianche di scioglimento hanno lasciato dei gran prati fioriti. Si procede benissimo, un po’ di sguazzo nei ruscelletti, qualche salto per evitare l’acqua profonda e sono al secondo ristoro sotto il Floriz.
La passeggiata bucolica sta cambiando colore. Il grigio al posto dell’azzurro, vento al posto dell’afa,  goccioloni che scendono rumorosi  cambiano la scena in qualcosa che sotto sotto mi aspettavo. La nebbiolina della mattina si è addensata sopra di noi. Dove c’erano e le nuvolette bianche ora corre una scia densa e grigia. Neanche guardo bevande e barrette sul tavolo, invece indosso subito maglia termica e giacca a vento...non mi faccio fregare due volte!
Parto di corsa lesta sul traverso mentre la pioggia si fa insistente. Sempre correndo indosso anche i guanti e comincio a salire verso la cresta del Floriz. Quando inizia il crinale sono nel posto peggiore al momento più sbagliato. Il vento sferza da nord, ce l’ho davanti e di fianco, la pioggia è diventata fredda e punge sulla pelle come fosse mista a ghiaccio. Sento tuoni ovunque e vedo i lampi partire. Qualcuno ha abbandonato i bastoncini…non è una buona idea impugnare un parafulmine in cima ad una montagna in mezzo ad un temporale. Fatico a tenere la linea, il vento mi sposta, vedo poco con tutta l’acqua negli occhi, dal lato sinistro la faccia brucia battuta dal vento, le gambe intirizzite...maledizione che ci faccio qui!!! Guardo indietro, arriva qualcuno, almeno non sono solo, rimane la brutta sensazione di essere in balia degli elementi.
Impreco contro me stesso ’vedi che succede ad essere delle pippe?? i primi sono passati prima della tempesta e tu invece???’  Ogni passo avanti è un passo in meno da fare per uscire da questa grana, non esiste scorciatoia.
In qualche modo arrivo in cima ed inizio a scendere, qui c’è meno vento ed in confronto all’altro versante pare faccia addirittura caldo. Uso i bastoncini anche in discesa per limitare le botte giu dai salti ma ho l’impressione di essere lentissimo. Ancora in salita poi via di corsa verso il Rifugio Marinelli. Che brutto momento. Ma ora c’è tanto da fare e non ho tempo di pensarci. Ancora  e sempre acqua dal cielo, non smetterà più. Si scende dolcemente per un po poi iniziano le grosse pietre. Sono ancora lentissimo, scivolo e mi reggo macchinosamente con i bastoncini. Mi superano, sono quelli del percorso corto, ‘accidenti quanto sono agili e sicuri’ penso....neanche a dirlo il tizio che mi ha appena superato vola gambe all’aria su una pietraia, ‘evvolevobendireio!!!’  Altro traverso. Vedo in fondo la parete con la ferratina e mi concedo una barretta, tanto il sentiero e facile e posso deconcentrarmi per un attimo. Tolgo mezzo kg di guanti fradici, metto la carta ben chiusa in tasca ed addento l’enervit... poi tutto diventa marrone! Sono scivolato talmente bene da cadere faccia avanti nella melma rossa. Non mi sono fatto nulla, la barretta è scomparsa e mi sento beffato.
La parte centrale che porta a passo Monte Croce è forse la meno interessante, me la bevo senza troppi
patemi e mi preparo alla lunga salita verso il Pal Piccolo. Ringrazio ancora i bastonici, anche questa diventa una piacevole sfacchinata e, mi illudo, il fotografo che mi immortala a metà via non deve darsi troppo da fare per rendermi accettabile. La pioggia non molla un attimo, arrivo in Austria quando è già da un po’ che mentalmente mi preparo alla Scaletta. Quando ci arrivo sono il primo di un gruppetto, qualcuno l’ho superato altri mi hanno raggiunto da dietro. Sia come sia quando attacco gli scalini di legno, nessuno si lamenta della mia lentezza. Mi prende l’angoscia dei crampi, come l’anno scorso. Devo piegare e sollevare le gambe e non sento i muscoli rilassarsi dopo lo sforzo. Rallento ancora, tutti rallentano. Così ne veniamo fuori e siamo alle trincee. Il sentiero si stringe fra due ali di roccia mentre avvicianiamo un corridore. L’abbiamo raggiunto troppo rapidamente, lo osservo...barcolla. Mi avvicino e gli parlo ma la risposta è biascicata ed incomprensibile. Lo guardo ancora, trema. Fra poco siamo al ristoro, salto su un pietrone, lo supero ed accelero fino a quando vedo quelli del soccorso alpino. Li avviso che probabilmente quello che sta arrivando è in stato confusionale...loro mi guardano “tanto con questo tempo l’elicottero non viene”  “figo!”  penso io. Poi però vedo che gli vanno incontro e lo prendono da parte acompagnandolo ad un riparo.
So che non è finita ma la grandi faticche le ho completate, Floriz e Pal Piccolo li ho nel sacco e se non faccio casino anche ques’anno porto a casa la ghirba. Saliscendi a non finire fra le rocce e l’acqua che non smette di scendere. Saranno 3 ore che prendo acqua dall’alto e dal basso.
Arriva il ristoro, Casera Pal Piccolo, il tavolo  é al riparo della linda ed occupa tutta la parte asciutta e per avvicinarsi bisogna ingobbirsi sotto la cascata che scende dal tetto, sembra uno scherzo ma non c’è altro modo. Due bicchieri, due pastiglie di Polase e via nei prati impantanati.
C’è ancora qualche tratto tecnico poi sentiero facile e mi rilasso….errore, riapro gli occhi e sono a testa in giù nell’erba. Vedo la Fata Turchina...oddio! Una ragazza in completo blu tutta ordinata, pettinata ed abbronzata che pare uscita dall’estetista mi tende la mano. Mi guardo bene dal rifiutare, mi metto in piedi e faccio la conta dei danni: nulla. Niente botte niente dolori. Riparto assieme al mio angelo custode, vorrei superarla ma mi trattengo, meglio tenere il profilo basso. Scivolo ovunque, pantano ovunque, acqua sopra e sotto ma sono tutto d’un pezzo ed a questo punto mi pare una  gran cosa.
Altro ristoro, Casera Pal Grande, è l’ultimo, km 20m circa, da qui è tutta discesa. Sono euforico, il percorso si apre su un, pratone infinito ed io mi lanci ad abbracciarlo...letteralmente...sono di nuovo schiena a terra. Riparto, pattino sull’erba viscida ed in un attimo sono ancora sulle chiappe...mi arrendo e scivolo di sedere  fino alla mulattiera, che vergogna!
Appena ricomincio a correre faccio l’appello: muscoli ed articolazioni? non pervenute, benissimo, allora mi gioco tutto e parto a gambe levate nella fangaia del bosco. Supero almeno 20 persone e  mi riconcilio con me stesso, che bellezza! Arrivo ai laghetti ed ancora accelero, sul rettilineo dell’arrivo vedo il deserto, il temporale si è portato vià il traguardo ma l’organizzazione mi accoglie comunque calorosamente. Grazie ragazzi!
Anche quest’anno ho fatto preoccupare la famiglia, il temporale ha spazzato la valle e quando si è calmato sono arrivati i pulmini con i ritirati. Radio gara riportava condizioni impossibili in quota. Chiedo a mia figlia di innaffiarmi con una canna da giardino, mi tolgo il fango da ovunque...lei mi guarda stupita e chiede “ma è calda?” ovviamente no ma io non lo so bene, è tutto un po ovattato, dopo cinque ore di percorso di guerra sono un po disconnesso.
Mi faccio una gran doccia e mangio qualcosa.  Riprendo coscienza e mi accorgo che devo andare a ritirare  il pacco gara. Ancora piove. Vedo il gazebo dell’organizzazione e sotto un tizio che guarda la montagna. Mi avvicino e gli chiedo dove distribuiscono i gadgets. Lui esita un attimo, strizza gli occhi sotto le lenti poi con viso aguzzo mi dice “prova la dove distribuiscono il pranzo”. Ringrazio e mi avvio...però, capita mica tutti i giorni di chiedere informazioni ad un olimpionico! Era Giorgio di Centa.